Dopo la Corte d’Appelo di Firenze e numerosi giudici di merito anche la Corte di Cassazione con l‘ordinanza n. 15415 del 3.6.2024 mette la parola fine alle resistenze del Ministero dell’istruzione e del Merito (in altro articolo abbiamo citato le decisioni della Corte d’Appello di Firenze e dei Tribunali di Pisa e Firenze). Se i precari non hanno chiesto le ferie o se il dirigente scolastico “con la piena trasparenza in modo accurato e in tempo utile” non ha informato il docente, scatta il diritto alla monetizzazione.
Corte di Giustizia e Corte di Cassazione
La decisione dalla Corte di Cassazione richiama la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea che spazza via ogni dubbio sul diritto alla monetizzazione delle ferie in caso di cessazione del rapporto di lavoro. “In particolare, il giudice europeo ha precisato che l’art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88/CE non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che comprenda finanche la perdita del diritto alle ferie allo scadere del periodo di riferimento (o di un periodo di riporto), purché, però, il lavoratore che non ha più il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto“.
Il dirigente scolastico deve assicurarsi che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare il diritto
Ecco allora che secondo la Corte di Cassazione “il datore di lavoro (ndr: il dirigente scolastico) deve, per contro, assicurarsi che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare tale diritto; a questo fine, egli è segnatamente tenuto ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo – se necessario formalmente – a farlo, e, nel contempo, informandolo – in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie in esame siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire – del fatto che, se egli non ne fruisce, siffatte ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato o, ancora, alla cessazione del rapporto di lavoro, se quest’ultima si verifica nel corso di un simile periodo. Inoltre, l’onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro”.
Pertanto, il docente a termine non può perdere il diritto alla indennità sostituiva delle ferie per il solo fatto di non avere chiesto le ferie, se non dopo essere stato invitato dal datore di lavoro a goderne, con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie ed alla indennità sostitutiva.
La prescrizione decennale
Infine, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il diritto a rivendicare la monetizzazione delle ferie si prescrive in dieci anni. “In ragione della sua natura mista (risarcitoria e retributiva) deve ritenersi prevalente il carattere risarcitorio volto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo, ragione per cui trova applicazione – ai fini della prescrizione – il termine prescrizionale decennale e non quello quinquennale dell’art. 2948 cc (la natura retributiva venendo in rilievo, allorché ne debba essere valutata l’incidenza sul trattamento di fine rapporto, ai fini del calcolo degli accessori o dell’assoggettamento a contribuzione” (Corte d’Appello di Firenze sent. 535/2023 e Cass. n. 3021 del 10.2.2020).